Da Il Foglio del 30 giugno 2006
Soltanto un mese fa, Roberto Villetti, capogruppo alla Camera della Rosa nel pugno di provenienza Sdi, diceva che tra socialisti e radicali non c'era "difformità politica". Ieri Villetti si è dimesso dal suo incarico perché, ha detto, "per ragioni politiche si è determinata una paralisi persino nell'attività ordinaria del gruppo. Non mi nascondo che questo stato di cose deriva da una crisi della Rosa nel pugno che, purtroppo, da latente è diventata evidente". Paralisi, cioè impossibilità di svolgere le minime attività parlamentari. La scintilla, ieri, è stato un cavillo di "metodo" sui nomi Rnp per le commissioni parlamentari. Per i radicali, in particolare per Sergio D'Elia — che una parte della base socialista non vede bene nell'incarico di segretario di presidenza della Camera, dopo le polemiche sul suo passato durante gli anni di piombo — la questione doveva essere risolta dalla segreteria della Rosa nel pugno. Villetti, invece, aveva già pronto uno schema, con tre commissioni con membri dello Sdi e tre con esponenti radicali. Ma il disaccordo aveva radici più profonde di una lite sulla commissione Infanzia. Tanto valeva tirar fuori tutto il disagio "sommerso". In effetti, già all'indomani del 9 aprile, i problemi latenti parevano fin troppi per non scoppiare. La "lottizzazione" nelle liste elettorali tra socialisti e radicali, accettabile, appunto, in fase di voto, è diventata subito guerra di posizione. Emma Bonino è ministro? Allora ai socialisti dovrebbe andare la guida del partito, aveva detto Enrico Buemi (Sdi), appellandosi alla maggior "esperienza istituzionale" del suo partito. Peggio che mai era andata in fase pre-ammninistrative: andiamo insieme, andiamo divisi, chi diventerà assessore? Dopo il voto, deludente nei risultati, si è visto che gli assessori, guarda caso, erano socialisti, e che per giunta esplodeva un'insofferenza Sdi verso la "pannellizzazione" della Rosa. Non era bastata, per riprendere slancio unitario, l'idea di una "Fiuggi 2" da convocare in luglio, una vera fase costituente del soggetto politico Rnp, "laico, socialista, liberale e radicale". Non se n’è saputo più nulla. Di fronte al panorama di piatti rotti, Marco Pannella, qualche giorno fa, ha inviato una lettera ai dirigenti della Rosa, per lamentare la poca operatività parlamentare del gruppo, preso da dissidi di poco conto rispetto ai nomi Blair, Zapatero e Fortuna, la "chiave" del progetto Rosa nel pugno. Turci l'aveva detto (e lo ripete) Ieri sera, dopo le dimissioni di Villetti, gli organi direttivi di Radicali italiani, Associazione Coscioni e i membri radicali della segreteria nazionale e del gruppo parlamentare Rnp hanno diramato un comunicato di "wishful thinking" , un mantra di autoconvincimento. Della serie: a questo punto vediamo il bicchiere mezzo pieno. "La componente radicale", dice infatti il comunicato, "conferma la sua assoluta fiducia nella Rnp, nelle sue ragioni ideali e politiche, nel suo progetto. L'attuale, finalmente evidente, sua crisi potrà e dovrà convertirsi rapidamente in una grande crisi di crescita. La decisione di Roberto Villetti costituisce un serio contributo in tal senso. Di questo la Rnp deve essergli riconoscente". Seguiva "preghiera" al vicepresidente del gruppo parlamentare Lanfranco Turci (componente ex diessina della Rosa): meglio coprire l'emergenza "fino alle decisioni degli organi statutari della Rnp". Turci, ironia della sorte, è uno degli uomini Cassandra, quelli che hanno denunciato preventivamente la sventura. Sabato, aveva scritto al Riformista una lettera in cui metteva in guardia i compagni dai rischi di esplosione. Ieri, interpellato dal Foglio, spiegava che "la Rosa non ha un problema di profilo politico-culturale ma di modo di essere, un problema quasi esistenziale, riconducibile alla diversità antropologica tra socialisti e radicali. O si fa uno sforzo per definire regole condivise o vinceranno la diffidenza e la sfiducia".
|